Nella diffusione di messaggi lesivi della reputazione attraverso una chat di gruppo, sussiste diffamazione e non ingiuria nell’ipotesi in cui l’offeso non fosse collegato al momento del recapito del messaggio diffamatorio. In questo modo si è espressa la prima sezione penale della Suprema Corte di cassazione con la sentenza n. 409 del 5 gennaio 2024.
Questo articolo proviene da Altalex. Leggi il testo integrale sul sito originario.