Secondo la Corte di Cassazione (con la sentenza n. 46496/2023), utilizzare sui social network espressioni apparentemente offensive nei confronti di un’alta carica istituzionale non costituisce automaticamente reato di diffamazione. E ciò è vero soprattutto in caso di espressioni offensive che seppur aspre sono strettamente connesse all’attività politica del soggetto passivo, tanto più se incentrate su dati veri, e se a ben vedere la critica sia rivolta all’intera classe politica.
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