Le molestie perpetrate tramite messaggi inviati mediante le applicazioni Instagram e Facebook, le cui notifiche dei messaggi in arrivo possono essere attivate per scelta libera dal soggetto che li riceve, non possono essere sussunte nella fattispecie penale dell’art. 660 cod. pen., in quanto non commesse “col mezzo del telefono”, nel significato attribuito a questa locuzione dalla giurisprudenza di legittimità, in quanto il sistema di messaggistica telematico permette al destinatario di sottrarsi sempre all’interazione immediata con il mittente ponendo un filtro al rapporto con il soggetto che invia il messaggio molesto. Infatti, secondo la Cassazione penale n. 40033/2023, la equiparazione tra la invasività delle comunicazioni moleste effettuate tramite sistemi di messaggistica telematica e quella delle comunicazioni tradizionali effettuate con il mezzo del telefono non si giustifica più, perché la circostanza che il messaggio telematico abbia assunto quella maggiore invasività che lo rende assimilabile alla telefonata molesta ricevuta improvvisamente dipende non da una scelta del soggetto che invia, ma da una scelta del soggetto che riceve. La istantaneità della comunicazione molesta veicolata tramite la messaggistica telematica e la circostanza che essa giunga in un momento improvviso non regolabile dal soggetto che riceve la comunicazione, sono, infatti, caratteristiche accessorie del mezzo utilizzato, che il destinatario può evitare, sottraendosi a quella interazione immediata con il mittente che è la linea di delimitazione della fattispecie penale.
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