La Corte di Cassazione, ordinanza 18 agosto 2023, n. 24848, ha accolto il ricorso di un’insegnante avverso la sentenza di appello con cui era stata rigettata la sua domanda di risarcimento danni avanzata nei confronti del padre di un suo alunno. Il convenuto, secondo la difesa della docente, aveva aggredito verbalmente ed offeso quest’ultima al termine di una lezione, momento della consegna degli studenti ai familiari. Secondo gli ermellini, tuttavia, la condotta del genitore nella circostanza non poteva essere sussunta nella fattispecie della legittima difesa, in quanto essa, per ritenersi idonea ad escludere la responsabilità per fatto illecito, esige il concorso di due elementi (non riscontrati nella circostanza): la necessità di difendere un diritto proprio od altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, e la proporzione tra l’offesa e la difesa. Secondo la Suprema Corte, infatti, l’identità concettuale tra l’art. 52 c.p. e l’art. 2044 c.c. deve confrontarsi, oltre che con il “favor rei” che ha valenza generale in materia penale, con le diverse regole che presiedono alla formazione della prova nel processo civile e penale, con la conseguenza che, mentre nel giudizio penale la semiplena probatio in ordine alla sussistenza della scriminante comporta l’assoluzione dell’imputato, nel giudizio civile il dubbio si risolve in danno del soggetto che la invoca e su cui incombe il relativo onere della prova. È quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione del 18 agosto 2023, n. 24848.
Questo articolo proviene da Altalex. Leggi il testo integrale sul sito originario.