Due fratelli agivano contro la sorella, invocando, in sede di successione dalla madre, la lesione di legittima, in relazione alle somme di denaro di cui, secondo il loro assunto, la stessa aveva goduto nel periodo di 24 anni in cui aveva convissuto con la genitrice. Essi asserivano che la madre non aveva mai consumato interamente il proprio reddito, ma ne aveva impiegato buona parte in favore della figlia, partecipando, mese per mese, alle spese della stessa e realizzando, in tal modo, periodiche e costanti donazioni. In primo grado il consulente d’ufficio presumeva che la donna, in base al suo tenore di vita, avesse consumato per sé il 60% delle proprie entrate. Di conseguenza il Tribunale adito condannava la figlia a corrispondere ai fratelli, per effetto di collazione, una somma pari a circa 25.000 euro. Di identico parere la Corte d’Appello, che confermava la sentenza. In senso contrario, la Cassazione civile, ordinanza 4 luglio 2023, n. 18814 riteneva che, nella fattispecie, non si ravvisasse spirito di liberalità, quanto piuttosto adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
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