Pronunciandosi su un caso “slovacco” in cui si discuteva della legittimità di un provvedimento di autorizzazione all’esecuzione delle operazioni di intercettazione telefonica, la Corte EDU ha ritenuto, all’unanimità, violato sia l’articolo 8 della Convenzione che dell’articolo 13 in combinato disposto con l’art. 8 della Convenzione EDU. Il caso riguardava l’intercettazione eseguita nel 2004, nel corso di un procedimento penale riguardante il secondo ricorrente, disposta sul numero telefonico mobile che era intestato al primo ricorrente ma che, secondo le autorità, veniva utilizzata dal secondo ricorrente. Le operazioni di intercettazione erano state autorizzate con un provvedimento del tribunale ed eseguite dalla competente forza di polizia. Il caso si concentrava sulla motivazione del provvedimento autorizzativo da parte del giudice che lo aveva emesso e involgeva il tema dell’equità del conseguente procedimento dinanzi alla Corte costituzionale, sollevando questioni principalmente ai sensi dell’articolo 35 § 1 (efficacia ed esaurimento delle vie di ricorso interne), dell’articolo 6 (processo in contraddittorio), dell’articolo 8 (vita privata e corrispondenza) e dell’art. 13 (ricorso effettivo) della Convenzione. In relazione all’affermazione dei ricorrenti secondo cui la linea di telefonia mobile era stata utilizzata anche dal primo ricorrente, il ricorso comportava anche l’esame della questione della sua posizione, in particolare in relazione alle doglianze di cui agli articoli 8 e 13 della Convenzione (Corte EDU, Sez. I, sentenza 12 gennaio 2023, n. 7286/16).
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