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Ciò che manca al sistema di risarcimento del danno alla persona del Terzo Millennio per funzionare efficacemente

Di seguito l’articolo del dott. Bianchi, pubblicato su Danno e Responsabilità, n. 3/2022, Ipsoa, Milano.

In questo saggio conclusivo, l’Autore esamina il risultato cui è pervenuto il sistema di responsabilità civile italiano, recentemente sancito ai più alti livelli giurisdizionali. Il danno alla persona, innanzitutto, si distingue in patrimoniale (facilmente convertibile in equivalente monetario) e non patrimoniale, che pure si risarcisce per equivalente monetario (tranne rare eccezioni) ma secondo regole e per mezzo di strumenti operativi adeguati alla comprensione giudiziaria della vasta fenomenologia che nei paesi occidentali (e non solo) i danni non patrimoniali vanno assumendo. Nello spazio concettuale non patrimoniale, si evidenziano due ampie categorie di danni risarcibili, ovvero il danno morale (pain and suffering, nei sistemi anglosassoni), e il danno dinamico-relazionale (hedonic losses, negli stessi sistemi), purché derivanti da ingiuste lesioni inferte ad almeno uno (e non alla sola salute) dei valori tutelati dall’Ordinamento. Il risultato raggiunto, ad avviso dell’Autore, è di particolare interesse (sia giuridico che scientifico), e può candidarsi a rappresentare un valido ausilio per le sfide del Terzo Millennio. Vengono suggeriti alcuni percorsi cognitivi utili al ragionamento giudiziario. Si tratta, in definitiva, di adeguare gli strumenti di osservazione alla realtà fenomenica (e non il contrario), e di riconoscere i limiti della propria capacità di osservazione, che è comunque – ad oggi – limitata.


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